Steven Spielberg ha da poco tenuto un discorso ai laureati di Harvard. Laureatosi solo a 55 anni, perché aveva lasciato l’università quando ricevette il suo incarico alla Universal alla fine degli anni Sessanta, Spielberg ha spiegato di aver voluto recuperare l’educazione interrotta, non solo per essere coerente coi propri figli che spinge allo studio, ma anche per una questione personale.
Ecco il discorso riassunto in tre passaggi principali e, di seguito, il video integrale:
“Quello che sceglierete di fare dopo è ciò che nei film si definisce il momento che ‘definisce il personaggio’. Avete di sicuro familiarità con questi elementi, per esempio nell’ultimo Star Wars Il risveglio della Forza, quando Rey realizza di avere la Forza, o Indiana Jones che antepone la missione alla paura e salta in mezzo ai serpenti. In un un film di due ore, trovate una manciata di quei momenti che definiscono il personaggio. Ma nella vita vera, sono continui. La vita è una sequenza infinita di momenti che definiscono il vostro personaggio.”
“I social che che innovano la nostra vita e ci avvolgono parlano sempre del qui e dell’ora, ma io continuo a combattere in famiglia per portare tutti i miei figli a guardare oltre, a guardare a quello che è già successo. Perché capire chi erano loro è capire chi eravamo noi, chi erano i loro nonni, e com’era questo paese quando sono immigrati qui. Siamo una nazione di immigrati. Almeno per ora.”
“Fino agli anni Ottanta, la maggior parte dei miei film poteva definirsi ‘d’evasione‘. Non rinnego nessuno di quei film, nemmeno 1941 (Un flop, ndr). Nemmeno quello! Molti di quei primi film riflettevano i valori a cui tenevo profondamente, e a cui tengo ancora. Però ero in una bolla di celluloide, perché avevo interrotto la mia educazione. La mia visione del mondo era limitata, vivevo di quello che potevo sognare nella mia testa, non di ciò che il mondo poteva insegnarmi. Poi diressi Il colore viola, quel film mi ha aperto gli occhi a esperienza che non avrei mai potuto immaginare, ed erano tutte cose reali. Era una storia piena di dolore profondo e di più profonde verità, tipo quando Shug Avery dice: ogni cosa vuole essere amata. Il mio sesto senso, la mia intuizione, mi disse che più persone avevano bisogno di incontrare quei personaggi e sperimentare quelle verità. Mentre facevo il film, mi resi conto che un film poteva anche essere una missione. Spero che voi tutti troviate la vostra missione“.